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Passa dai tuoi
Mi accorsi in un baleno che se avessi continuato a vedere mia madre una volta all’anno, l’avrei vista soltanto altre 13 volte.
Quello che stai leggendo potrebbe apparire come un numero cupo, triste. In verità, l’ho scritto con uno scopo contrario, ovvero quello di dotarti di un pensiero nuovo, chiaro e profondo su come stai usando il tempo che hai a disposizione.
Mia madre si è trasferita da Torino al suo paesino natio in Calabria quando avevo 21 anni. In quel periodo ero in Erasmus in Danimarca, e non vedevo l’ora di andare a vivere da solo per fare il pieno di esperienze. Avevo sete di vita, di altro, di sconosciuto.
Lei invece non stava bene, era già separata da 6 o 7 anni, pensionata e senza stimoli. Così accettai con entusiasmo quando mi chiese se non fosse giusto che tornasse a vivere al sud con il suo nuovo compagno. Quella scelta si rivelò la sua salvezza.
E così io mi gettai senza remore nella mia nuova vita “da adulto”, attraversando l’università, gli anni di teatro, lavori e lavoretti, viaggi lontani, notti lunghissime e luoghi mistici, stanze, casette, villazze di città e provincia.
Da mia madre ci andavo una volta all’anno, d’estate, giusto qualche giorno prima di partire per mete più esotiche e ben più interessanti dell’entroterra montanaro calabrese.
Finalmente, a 29 anni aprii la mia agenzia di comunicazione e pensai che fosse opportuno saltare anche la solita settimana estiva: troppe nuove sfide su cui concentrarmi, troppi costi da gestire, troppe priorità insorgenti. Uè, c’era da fatturare!
Poi, un giorno di quell’agosto, sarà stato il 5 o il 6, mentre evaporavo all’arsura di un ufficio vetrato senza aria condizionata, ebbi una piccola illuminazione. Io avevo quasi 30 anni, mia madre 72 (mi ha avuto piuttosto tardi). Andai su google a cercare la vita media in Italia, 85 anni. Mi accorsi in un baleno che se avessi continuato a vederla una volta all’anno, l’avrei vista soltanto altre 13 volte. Mi si gelò il sangue.
Il nostro tempo insieme era praticamente finito, senza neanche essermene accorto.
Dopo quella realizzazione, decisi di prenotare immediatamente un volo un pullman (l’aereo era ormai troppo caro) diretto a Vibo Valentia. Da quell’estate cambiai completamente la mia visione sul tempo e la sua scarsità.
Da allora vado giù 4 o 5 volte all’anno, approfittandone per andare con loro in campagna, bagnare i fagiolini d’estate, raccogliere le reti delle olive in autunno o ancora dare da mangiare ai polli e ai conigli.
Ho iniziato a svegliarmi alle 5 di mattina per fare le zeppole, il giorno di Natale, per poi tornare a letto dopo averne mangiato una calda come colazione. Ho anche imparato a fare la passata, nei giorni in cui la cucina è murata dalle casse di pomodori.
Ci siamo trovati a parlare di politica con la Grubbber su La7, mangiando patate al cartoccio e ricotta fresca, mentre fuori ululava un vento latore di piogge novembrine.
Ho anche iniziato ad accompagnarla in processione nelle viuzze strette o dalle sue amiche per un caffè, durante pomeriggi sospesi accompagnati da lenti racconti d’infanzia, dal tintinnio dei cucchiaini sul vassoio d’argento a centro tavola, dai rintocchi sornioni di un orologio a pendolo nella stanza affianco.
Ognuna di loro mi raccontava storie incredibili della sua infanzia; storie di neorelismo puro, storie crudeli come la lupara dei briganti e dolci come il miele dei fichi che cola sul volto dalla cesta di vimini portata sulla testa.
Ho passato anni meravigliosi, ottenendo molto di più di quello che avrei potuto dare a lei.
In seguito, circa un anno fa, sono incappato in questo articolo del New York Times (quando uscì non era riservato agli abbonati) dove ho trovato questa semplice visualizzazione per catturare la limitezza del tempo passato con i genitori.
Riportando le parole dell’articolo: La mia vita, nel migliore dei casi, consisterà in circa 20 anni di tempo trascorso con i miei genitori. I primi 19 sono avvenuti nel corso dei miei primi 19 anni. L'ultimo anno è distribuito nel resto della mia vita. Quando sono partito per l'università, mi rimanevano molti decenni con i genitori in vita, ma solo un anno di tempo da trascorrere con loro.
Nel mio caso sono passato dalla prospettiva di poter vedere mia madre ancora 13 volte, a quella più rassicurante di poterla vedere ancora 50 o 60 volte. Vista così cambia parecchio, vero?
Per cui, in un contesto in cui moltissimi di noi vivono distanti dai propri genitori, o pur vivendo nella stessa città non trovano mai il tempo da dedicargli, il consiglio che mi sento di darti è: passa dai tuoi, passa a trovarli più spesso, fai delle cose insieme a loro, colleziona più ricordi possibili, perché è già molto più tardi di quanto sembri.
Ovviamente, lo stesso discorso vale per tutte le persone che ti stanno a cuore. Il tempo è il nostro bene più prezioso e il tempo presente è l’unica scatola che possiamo riempire con le nostre intenzioni. Usalo con saggezza.
Proposta di collaborazione
Durante quei pomeriggi ad ascoltare le storie dei vecchi compaesani di mia madre, decisi che ne avrei fatto un documentario. Così presi la videocamera e registrai dodici interviste a dodici ultrasettantenni del paese. Il risultato è una bellissima raccolta di racconti reali e sorprendenti degli anni 40’ - 50’ - 60’ del sud Italia.
Tuttavia, quale mago della procrastinazione che non sono altro, le interviste non sono mai state lavorate, e il documentario è solo un mucchio di file video messi dentro una cartella di un hard disk.
Se qualche video-editor volesse metterci le mani, credo che possa venire fuori un bel contenuto. Scrivetemi e parliamone.
Consigli di lettura
Il libro Vorrei averlo fatto parla proprio dei 5 più grandi rimpianti delle persone in fin di vita intervistate dall’autrice, che di mestiere fa la badante di malati terminali.
A proposito di sfruttare al meglio il proprio tempo, questo precedente numero parla di come la tua attenzione sia il nuovo petrolio.
Come sentirsi meno stressati - ENG
Consigli di vita che ho letto tardi - ENG